I motivi per dimenticarsi carrozzina e passeggino… e abbracciare di più i nostri figli
C’era una volta…
Una neo-mamma come te, con un fagottino tra le braccia da allattare cambiare addormentare, una casa da portare avanti, e tante altre cose da fare.
Una donna sportiva e dinamica, impaziente di riprendere la sua vita con la sua bambina.
“Non si capisce l’importanza di avere le mani libere finchè non si hanno figli”
Le era stato detto, mentre era in attesa della sua prima figlia, e questo lo comprese ben presto quando divenne mamma.
Quella neo-mamma ero io.
Ricordo ancora le serate passate seduta sul divano per ore ad allattare mia figlia, con i piatti ancora da lavare e la tavola da sparecchiare.
Ricordo ancora la fatica che facevo quando dovevo uscire di casa con la mia bimba appena nata, tra ovetto e carrozzina da trasportare su e giù dalla macchina e per le scale .
Anni di palestra e nuoto erano serviti da allenamento, ma …tante volte rinunciavo ad uscire in macchina per evitare tutta questa fatica.
Poi ho scoperto il babywearing. E come per magia la mia quotidianità è diventata più fluida.
Uscite in fascia, niente più ovetto né passeggino. Passeggiate serene, addormentamenti in uno schiocco di dita, casa brillante e torte sfornate diventarono presto la mia routine. E mi sentivo piena di energie.
Il mio percorso di babywearing inizia così. Dopo pochi mesi di pratica principalmente da autodidatta, quando la mia prima figlia aveva solo un anno ed ero in attesa del mio secondo bimbo, decido di iscrivermi, entusiasta, alla Scuola Babywearing Italia e prima della nascita del mio secondo bimbo mi certifico come consulente babywearing.
Perché se la mia esperienza di maternità è stata positiva lo è stato anche grazie al babywearing. E volevo urlare al mondo il mio “segreto”. Volevo poter condividere e insegnare il babywearing, perchè tutti i genitori dovrebbero poterlo conoscere e praticare in sicurezza.

Questo per spiegarti da dove arriva il mio entusiasmo che porto con me quando svolgo le consulenze babywearing con i neo-genitori (clicca per appronfondire: Il babywearing)
Ora però voglio parlarti di quello che dice la scienza.
Ma prima una piccola premessa sulla storia è indispensabile.
Il Babywearing : la storia
Il babywearing è una pratica millenaria, antica quanto l’uomo. primitivo che aveva l’esigenza di spostarsi con la prole per cacciare e difendersi dai predatori.
Utilizzato presso le antiche civiltà e in epoca medievale per necessità pratiche di trasporto, è stato da sempre praticato presso le popolazioni tradizionali del sud del mondo per conciliare l’esigenza di accudimento del proprio bebè con quella lavorativa.
Viene introdotto in Europa negli anni ‘80 grazie all’idea di una mamma tedesca di legarsi a sé le gemelle terzogenite che fondò la prima azienda produttrice di fasce portabebè in Europa, tuttora attiva: la Didymos.
Più o meno negli stessi anni Sears, pediatra statunitense brevetta la fascia ad anelli, e conia il termine babywearing, inserito nel contesto di una corrente di maternage ad alto contatto detto “Attachment parenting”.
Quest’ultimo ricalca i principi dello stile genitoriale ad alto contatto adottato dalle popolazioni tradizionali, caratterizzato da uno stretto ed intenso rapporto fisico tra madre e bambino dalla nascita quale prerogativa per l’instaurarsi della relazione di attaccamento e uno sviluppo psico fisico e relazionale sano.
È in questo contesto, di ritorno ad una genitorialità a contatto che si fa strada il babywearing anche in Italia, a partire dall’ inizio del secolo attuale.
Il babywearing: il contatto non è un vizio, lo conferma la scienza!
Quella occidentale è una società a basso contatto, “visiva”, in cui permangono retaggi culturali circa il rischio di viziare i bambini attraverso il contatto.
Niente di più sbagliato e disfunzionale.
Per un neonato sentirsi toccato, cullato, avvolto è un bisogno vitale imprescindibile.
Il bisogno di stimolazione tattile dura tutta la vita, ma non è mai cosi urgente come nel neonato e nella prima fase della vita. Il feto ha nell’ utero le sue prime percezioni sensoriali a livello esclusivamente tattile e anche dopo la nascita, secondo Monagu, il senso tattile rimane quello più importante per lo sviluppo sano a livello fisico, psichico e sociale. “Il primo sviluppo del sistema nervoso del bambino dipende al massimo grado dal tipo di stimolazione cutanea che riceve”. Da qui dunque le radici dell’inscindibile connessione, che dura tutta la vita, tra l’ambito emotivo e quello cognitivo.
L’importanza del tatto e del contatto
“Nel bambino la fame dell’amore e della presenza materna non è meno grande della fame di cibo”
Jhon Bowlby 1951
Il babywearing risponde al fondamentale bisogno di contatto del neonato. Per un neonato essere portato significa essere amato.

Il tatto è tra i cinque sensi quello che si sviluppa prima ed è anche per un adulto il fondamentale e il più sviluppato: è la base per qualsiasi comunicazione, scambio, interazione, incontro vitale; e l’organo ad esso deputato, la pelle, è il più sviluppato del nostro corpo.
Anzieu parla di “Io pelle” quale entità con funzioni di contenimento fisico e psichico, di protezione dagli stimoli e di individuazione. È attraverso la pelle che avviene l’incontro con il caregiver e che si sviluppa la relazione.
Praticare il babywearing , in quanto risponde al vitale bisogno di contatto significa quindi parlare il linguaggio del neonato, un linguaggio rassicurante e ancestrale, che è dapprima solo tattile.
Per un bambino essere portato equivale a sentirsi amato.
Le evidenze delle tragiche conseguenze della deprivazione di contatto le si hanno nel XIX secolo quando in America si registrano numerose morti negli orfanotrofi per marasma, un deperimento fisico progressivo che si scopri poi, essere causato dalla deprivazione affettiva.
Un’altra evidenza sull’importanza del contatto è data dal celebre esperimento che lo scienziato Harlow fece nel 1958 sui macachi: scoprì che i cuccioli di queste scimmie preferivano il contatto con una “finta mamma” morbida piuttosto che con una “mamma metallica” che gli offriva il biberon.
In psicologia questo concetto si esprime con il termine attaccamento, di cui Bowlby espose la teoria, e indica il legame emotivo dell’individuo ad un’ altra persona di cui ricerca la vicinanza, considerandola come base sicura.
Bowlby dimostrò che il comportamento di attaccamento nel neonato- che si manifesta con la ricerca di vicinanza all’adulto, lungi da essere “viziato” è mosso dal bisogno di sopravvivenza. La ricerca del contatto è dunque un bisogno biologico, vitale, totale e totalizzante del neonato. Le conseguenze della sua mancata soddisfazione si traducono in insicurezza, mancanza di autostima oltre che rischi per lo sviluppo di ritardi cognitivi e nello sviluppo motorio.
Babywearing: una pratica biologica
Portare è una pratica biologica in quanto asseconda le naturali predisposizioni del neonato e del bambino e dell’adulto ad essere portato e a portare.
Le evidenze sono scientifiche: il cucciolo d’uomo nasce infatti con delle caratteristiche che ne evidenziano la predisposizione ad essere portato:
- I riflessi primordiali: Nel neonato i riflessi sono un’eredità dagli antenati che venivano portati in quanto sono funzionali al mantenimento della posizione sul corpo del genitore
- Le caratteristiche anatomiche: il neonato ha le gambine ad “O” la colonna vertebrale caratterizzata da una cifosi fisiologica e le anche non ancora sviluppate, tutte caratteristiche anatomiche che sono funzionali ad essere portati sul corpo del genitore;
- Le caratteristiche dello sviluppo neurologico: l’immaturità neuronale alla nascita rende necessario un accompagnamento costante e adeguato dell’adulto che ne favorisca lo sviluppo a partire dalla relazione emotiva (emozione e cognizione sono indissolubilmente collegati!)
- Le caratteristiche comportamentali: il neonato cerca il contatto per sopravvivere. Il contatto, unitamente al movimento sono per il piccolo segnali di presenza e di sicurezza.
Parallelamente la madre, figura di attaccamento primaria per il neonato, è fisiologicamente predisposta a portare il proprio figlio e a farlo crescere attraverso il suo corpo, che costituisce l’habitat naturale del neonato. Il corpo della madre è infatti naturalmente predisposto per fornire nutrimento, calore e protezione. Inoltre dal punto di vista psicologico, gli ormoni che si sviluppano attraverso l’allattamento e la vicinanza concorrono alla sua disponibilità all’accudimento e alla relazione.
Babywearing: quali sono i benefici
Il contatto pelle a pelle (la Kangaroo mother care) è vitale per i neonati prematuri: ne regolarizza i parametri vitali, incentiva la nutrizione e favorisce la crescita.
Il babywearing è una pratica di valore per tutti i bambini.
È uno dei regali più belli che un genitore possa fare al proprio figlio, perché portandolo gli trasmette amore, sicurezza e pone le basi per lo sviluppo dell’autostima. Può essere praticato da tutti coloro che si occupano del bambino con benefici pratici e relazionali.
Ed è uno dei regali più belli che un genitore possa farsi, perchè può giovare di numerosi benefici.
Elenco qui di seguito i benefici che riguardano la diade mamma -bambino.
Babywearing: i benefici psicologici per la mamma
- permette alla mamma di assecondare nel migliore dei modi il fondamentale bisogno di contatto e vicinanza del figlio;
- permette alla madre di sviluppare empatia nei confronti del figlio, imparando velocemente a riconoscerne e soddisfarne i bisogni; in questo modo la mamma acquisisce fiducia nelle sue capacità;
- favorisce una riduzione del pianto del bambino con conseguente diminuzione del cortisolo, ormone dello stress sia nella mamma che nel bambino.
- favorisce la prevenzione della depressione post partum: la vicinanza col bambino stimola la produzione di ormoni anti-depressivi (ossitocina) che favoriscono l’allattamento (per approfondire leggi il mio articolo: Come prevenire la depressione post partum e godersi la maternità).
- Risulta terapeutico per quelle mamme che non sono riuscite ad allattare, in quanto va a creare una situazione di intimità col proprio bimbo che richiama quella che si crea allattando.
- Consente alla madre di abbracciare il proprio figlio costantemente, trasmettendogli quel calore e quell’amore insostituibili che costituiscono il fondamentale nutrimento emotivo del neonato.
- Favorisce e rafforza il legame di attaccamento tra madre e figlio.
Babywearing: i benefici fisici e pratici per la mamma
- Permette di distribuire il peso in modo ottimale, affaticando di meno la schiena, le spalle e gli arti superiori rispetto al portare un bambino in braccio senza supporto;
- Permette alle madri di avere le mani libere e quindi di non essere totalmente vincolate al bambino come quando lo si porta in braccio. Questo vantaggio va nella direzione della prevenzione della stanchezza e della deflessione dell’umore che può accompagnare la madre assorbita totalmente dalle cure del proprio bimbo;
- Avere le mani libere significa infatti poter svolgere numerose attività quotidiane in modo agevole, come ad esempio fare la spesa, badare al figlio più grande, eseguire attività domestiche leggere.
- Permette alla mamma di uscire di casa senza l’ingombro del passeggino o della carrozzina, senza doversi preoccupare della presenza di marciapiedi adeguati e di eventuali ostacoli come ad esempio le scale lungo il suo cammino.
- Permette di fare esercizio fisico (passeggiate , ma ci sono anche mamme che ballano) portando con sé il proprio bambino che costituisce un carico extra e che quindi comporta maggior dispendio energetico. Questo può aiutare a smaltire i chili accumulati durante il parto.
- È piacevole da indossare ed esteticamente bello: se si sceglie di portare il proprio bebè con una fascia tessuta, c’è davvero l’imbarazzo della scelta a livello di colori, stoffe e rispettive qualità (blend, grammatura,..)e ci si può sbizzarrire nella scelta della fascia come se fosse un abito (perché appunto, si indossa).
Babywearing: i benefici per il bimbo
- Favorisce un adattamento graduale al mondo extrauterino, ricalcando le caratteristiche del mondo uterino a livello percettivo.
- Il bambino portato migliora lo sviluppo neuro-motorio: in braccio alla mamma è infatti sollecitato da una moltitudine di stimoli (lo stimolo tattile in primis)-comunque filtrati dal corpo materno- che non percepirebbe se stesse sdraiato in una carrozzina. Inoltre favorisce lo sviluppo muscolare, dal momento che il portato si trova a dover adattare continuamente il proprio baricentro ai movimenti del portatore.
- Favorisce la familiarizzazione col viso materno,
- Permette al bambino di immergersi nel mondo degli adulti e di familiarizzare con il linguaggio
- Sviluppa il senso dell’equilibrio, necessario per mantenere la posizione aderente al corpo materno.
- Favorisce il corretto sviluppo delle anche, favorendo l’inserimento corretto del femore nell’acetabolo
- Dà sollievo al reflusso gastroesofageo e alle coliche
- La percezione del respiro e del battito cardiaco materno tranquillizza il bebè favorendone il sonno.
- Permette al bimbo di respirare aria più pura, in quanto è più lontano rispetto alla carrozzina dai tubi di scappamento delle auto.

“La pace nel mondo può dipendere dal rapporto che ogni mamma ha e avrà con il suo bambino. (..) è nei primi tre anni di vita che si modellano i sentimenti di pace del bambino. Le prime cure affettuose della mamma sono il primo passo per creargli una disposizione d’animo pacifico. Un bambino non si deve mai sentire abbandonato”.
citazione
In questo senso la pratica del babywearing può essere un primo approccio educativo che fa crescere bambini e poi adulti amati e quindi sereni, allontanando il rischio di sviluppo di patologie psicologiche e dipendenze in età adulta.
Perché le radici dei disturbi psicologici e psichiatrici in età adulta, risiedono lì, nella mancanza di amore.
Dott.ssa Laura Volontieri psicologa esperta in psicologia perinatale (clicca per saperne di più: Benessere Mamma) psicoterapeuta e consulente babywearing Italia (visita la mia pagina: Il babywearing)